MARIA CALLAS - Il canto della vergogna
Sabato 19 marzo 2011 ore 21.00 - Teatro Peroni S.Martino B.A. Verona
IL GIORNALE DI VICENZA
Martedì 15 Febbraio 2011 SPETTACOLI Pagina 50
TEATRO. La prima nazionale all'Astra
Callas, “vergogna” di un'identità sempre lacerata
Potente e convincente il ritratto della diva offerto da Patricia Zanco
VICENZA
Sola sulla scena del palcoscenico e della vita. Accudita da un'ombra di sé che continua a ricomporre premurosa i brani sparsi di un'anima frantumata. Incisa da una luce caravaggesca dai forti contrasti luminosi, la figura di Maria Callas, la diva-la voce, riappare per riconquistare la sua scena perduta. Quella più vera, che il testo di Luca Scarlini, con la regia di Daniela Mattiuzzi, le ha restituito nell'intenso monologo "Ritratto di Maria Callas.
La vergogna" - al debutto in prima nazionale al Teatro Astra come ultima produzione de La Piccionaia-I Carrara Teatro Stabile di Innovazione- affidandolo alla voce e al volto di Patricia Zanco, interprete protagonista. Ma la "vergogna" della scena è molto di più della metafora di una identità lacerata, che nel contrasto tra arte e vita accomuna uomini e donne tra i grandi interpreti del Novecento (come fu per Eleonora Duse e Vaslav Nijinskij) tra cui la Callas. È la comune fatica di essere quello che si è, rappresentata dall'eterno contrasto tra l'immagine che si ha di se stessi e lo stereotipo che l'altro ti costruisce addosso. Eppure al tempo stesso carne della tua carne, due facce della stessa medaglia che è l'io. In questo fluente monologo il contrasto è vissuto tra una Callas merce da rotocalchi e cinegiornali d'epoca, osannata o bistrattata da critici a fans, e l'altra Callas alla disperata ricerca della sua identità complessa inseguita nel perfezionismo di una nota, nella assoluta dedizione alla musica. Nella
gioia di riempirsi la bocca di sole note capaci di nutrire il suo corpo diventato di cigno, dopo essersi sottratto alla bulimia della giovinezza irrisa da una madre isterica e castrante, che la separava dal dolce ricordo di un padre-Orfeo. Confusa tra vita e teatro, lei stessa Medea ostaggio nelle mani di un marito/Giasone/Onassis che la manipolava e la affascinava, ora gesticola come una marionetta inscenando piccole paranoie di casalinga o replicando arcaici schemi sociali con il capo velato di nero, come una donna del Sud. La vergogna della scena, radice di ogni sfida, è ora ostacolo della parola e del pensiero. Il mito Callas cede poco a poco il posto all'immagine di una donna fragile e sola, che rivive il dramma del declino della sua voce sublime.
Floriana Donati